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La Biodanza per l’inclusione sociale delle persone con disabilità

La Biodanza per l’inclusione sociale delle persone con disabilità

Una nuova ricerca scientifica dell’Università di Padova sugli effetti della Biodanza. Dopo la pubblicazione della ricerca dell’Università La Sapienza di Roma, un nuovo lavoro è stato selezionato sull’Italian Journal of Special Education for Inclusion (rivista ufficiale della Società Italiana di Pedagogia Speciale, SIPeS).

La ricerca, condotta dalla dott.ssa Elisabetta Ghedin dell’Università degli studi di Padovaè intitolata “Passi verso la felicità: il valore della Biodanza per promuovere l’inclusione” e parte dall’analisi di un percorso di Biodanza proposto ad un gruppo di persone con disabilità.

I risultati evidenziano gli effetti positivi della pratica di Biodanza sulle funzioni psicomotorie, sulle abilità ritmiche e di concentrazione, oltre che sulla capacità di stabilire relazioni tra i partecipanti (sia sul piano verbale che non verbale). Tali effetti contribuiscono direttamente al benessere delle persone coinvolte, facilitandone di conseguenza l’inclusione sociale.

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Abstract

The aim of this paper is to deepen the reflection on well-being and happiness questioning on the possibility of considering the Biodanza as an inclusive practice to promote a global well-being for people with disabilities. "Living a good life", aspire to happiness and well-being seem to have be- come a valuable imperative in order to create a facilitating environment, in which the barriers are removed to the participation of persons with disabilities. The Bio-dance method is well suited as an educational perspective that focuses on the life, music and movement and known as “the dance of life”. Based on these premises, the ICF-CY mediation was used as conceptual orderer to find re- sults of clinical Bio-dance in mental health, through the creation of a modifying environment that promotes well-being. Through the work of observation and analysis of the video recordings of the meetings of Bio-dance session which involved about 40 people, we tried to grasp the inclusive value of Biodance method and its contribution to promote the well-being of people involved. The conclusions that have been reached in Bio-dance method identify a positive environment in which it is promoted respect, tolerance, dialogue, and in which diversity is enhanced as in the inclusion process.Bio-dance method permits to establish genuine relationships with each other, in which no one feels judged and for this reason it is possible to express themselves fully, where everyone can express themselves and their resources.
Key-words: well-being, biodance, functioning, inclusion

1. Il ben-essere come volano per una vita fiorente

Attualmente la letteratura scientifica in molti ambiti (filosofico, sociale, econo- mico, psicologico) tende a focalizzarsi sul costrutto del ben-essere considerandolo in modo pro-attivo con l’obiettivo di individuare trame per coltivare, mantenere e migliorare tutte le dimensioni collegate allo sviluppo umano (Sen, 2001). Walker (2005) insiste sul fatto che “we address human development not simply as abstract ideas, but as lived capacities at the level of everyday life’ (p. 104). Il focus in questo caso è su un “environment suitable for human flourishing” (p. 103). In questo panorama il ben-essere viene definito come la realizzazione del proprio potenziale fisico, emotivo, mentale, sociale e spirituale ispirato da un impegno armonioso in sintonia con se stesso, la famiglia e gli amici, la comunità e il mondo in generale. Per molte persone, il riferimento al ben-essere non è solo a quella che viene considerata la “buona vita” ma è al “vivere una buona vita”. In questa accezione si potrebbe fare riferimento al flourishing così come viene inteso da M. Nussbaum come una vita che fiorisce in tutte le sue potenzialità in- dicando le molteplici possibilità attraverso le quali ogni persona può realizzarsi (2000). Con il riferimento ad essa significa includere nelle percezioni soggettive anche una dimensione collettiva: si riflettono non solo preferenze individuali, ma valori costruiti in senso più ampio in particolare facendo riferimento ad una comprensione condivisa di come è fatto il mondo e di come dovrebbe essere. Inoltre tale visione del ben-essere include in sé anche una dimensione morale, in riferimento a sentimenti per trovare il proprio posto nel mondo, ed essa è cri- ticamente associata al come si è in relazione con gli altri (Ghedin, 2015). Già da tale considerazione possiamo comprendere lo stretto legame esistente tra un’idea di ben-essere così concepita e quella che emerge nella Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) approvata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tale classificazione ha infatti, come presupposto di base, la valorizzazione del ben-essere della persona nel suo contesto di vita. L’ICF, con il termine ben-essere, intende indicare “tutto l’universo dei domini della vita umana, inclusi aspetti fisici, mentali e sociali, che costitui- scono quella che può essere chiamata buona vita” (OMS, 2007, p. 212). Quindi essa offre un quadro coerente di tutti quegli aspetti legati al ben-essere e che potremmo considerare come le sue componenti imprescindibili. Inoltre, conce- pendolo come qualcosa di generale, globale e multicomponenziale, l’ICF amplia il campo di attenzione a degli aspetti nuovi, che non sono mai stati considerati nei modelli precedenti troppo legati ad una concezione biomedica, quali ad esempio l’educazione (Ghedin, 2014a), l’ambiente ed il lavoro (Canevaro, 2006) lo sport (Visentin, 2016). Considerare tali fattori come degli aspetti integranti il funzionamento della persona implica, nella prospettiva educativa, l’idea di pro- muovere il progetto di vita, fondamentale per ognuno. Tenendo presente tutto ciò, possiamo evidenziare come la classificazione ICF sia fondamentale per un’educazione inclusiva che si basi su una prospettiva del ben-essere che cerchi di sviluppare la pienezza della vita della persona, permettendo di tenere uniti tutti gli aspetti del suo funzionamento e considerandola nella complessità e nel- l’unicità della sua intera esistenza (Ghedin, 2014b). Nell’ICF al centro c’è una per- sona che cerca di attribuire significati a quanto gli accade sulla base di

conoscenze condivise con altri (concetto di partecipazione nell’ICF intesa come “il coinvolgimento in una situazione di vita” OMS, 2007, p. 41) e che è attore delle sue trasformazioni (concetto di attività nell’ICF intesa come “l’esecuzione di un compito o un’azione da parte di un individuo” OMS, 2007, p. 41). Conside- rare le persone come attori sociali vuol dire allora sottolineare che esse non sono singole unità che si limitano a reagire a situazioni problematiche o stressanti, ma persone che agiscono sulla base di scopi e di progetti (Santi, 2004), nell’ambito di sistemi di interazione interpersonale, cooperativa o competitiva in cui sono inseriti (Zani e Cicognani, 1999) e all’interno di ambienti che facilitano questa as- sunzione di ruolo. Matilde Leonardi (2005) a tal proposito scrive:

La nuova classificazione ha il vantaggio di essere uno strumento che con- sente di classificare il funzionamento di un individuo, nonché gli ostacoli da rimuovere e gli interventi da effettuare. Dunque un sistema “di misura” della disabilità non più legato alla sommatoria di ciò che manca a una per- sona, ma un’accurata valutazione del funzionamento e dell’ambiente. Un metodo che impone di prendere in considerazione non solo la patologia ma l’intera persona con i suoi problemi e le sue capacità e l’ambiente in cui vive (p. 85).

Quindi spostando l’attenzione da ciò che determina una condizione di disa- bilità nella persona, al suo funzionamento positivo, su come vive la propria di- mensione di salute e su ciò che può essere promosso per migliorarla significa guardare alla persona in ottica dinamica, come capace di continui cambiamenti di cui essa stessa è protagonista ed in tal senso “l’ICF fornisce gli strumenti per poter monitorare le prestazioni, tenendo conto del gradimento dei beneficiari. Non considerandoli cittadini-consumatori ma attivi e consultati nella loro citta- dinanza” (Canevaro, 2001, p. 6). Lo spostamento di attenzione verso la valoriz- zazione della dimensione positiva della vita degli individui, e quindi il ben-essere piuttosto che il mal-essere, può ricoprire maggiore importanza di quanto non sembri. Il ben-essere offre un’aspirazione inclusiva, in quanto mette d’accordo tutti, e offre la possibilità per impegnarsi verso un obiettivo positivo comune che non crea discriminazioni. “I nuovi termini vengono anche percepiti come meno stigmatizzanti per le persone disabili, riducendo gli atteggiamenti negativi e di rifiuto della gente verso i disabili in generale e verso le persone con disabilità psi- chiatrica in particolare. I concetti positivi utilizzati nella nuova terminologia si adattano agli scopi degli interventi di sensibilizzazione e informazione dell’opi- nione pubblica che possono ulteriormente ridurre lo stigma nella società” (Li- berman, 2012, p. 7). Questo sistema che ha a cuore il ben-essere delle persone e che si interessa al funzionamento di ognuno pone “l’accento su ciò che noi ab- biamo in comune, come esseri umani, come persone, come cittadini, rende più facile il rispetto reciproco e l’adattamento alle situazioni che ci rendono diversi” (Leonardi, 2005, p. 76). Sembra essere giunto il momento di porre l’accento sugli atteggiamenti positivi di ciascuno di noi, in questo senso abbiamo cioè bisogno di contagi e di mettere in circolazione “cose positive”. Valorizzare i funzionamenti (in termini di beings and doings a cui ciascuno di noi da valore) potrebbe portare ad individuare positive dimensioni di ben-essere che permettono a cia- scuno di noi di fiorire e prosperare (ICF-CY, 2007; Pollard, Lee, 2003).

2. La Biodanza come proposta inclusiva

A tal proposito ben si inserisce il discorso sulla biodanza-sistema Rolando Toro, intesa come sistema per l’integrazione e lo sviluppo dei potenziali umani, “danza della vita”, attraverso una pedagogia a mediazione corporea. La biodanza ha ori- gine nel 1960 grazie all’opera di Rolando Toro, psicologo e antropologo cileno ma anche poeta e pittore, che si è ispirato a molteplici aree del sapere per ela- borare tale sistema. È a partire da una riflessione sull’umanità e sulla realtà sto- rica generale che ha inizio il suo lavoro, quando, nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, con la tragedia dell’Olocausto e delle bombe atomiche si è mostrato un livello di disumanità che fino allora era considerato del tutto inimmaginabile. Rolando Toro soffrì profondamente per queste atrocità, non ca- pacitandosi di come fosse possibile che l’uomo stesso, il quale nell’ultimo secolo aveva compiuto grandi progressi sia da un punto di vista culturale che civile, avesse potuto dar origine a tali eventi distruttivi; tuttavia si rese conto di non poter guardare la vita solo attraverso queste malvagità, poiché contemporanea- mente percepì nell’intimo di aver sperimentato la bellezza più assoluta nel corso delle sua esistenza, grazie alle realtà dell’amore, della famiglia, del vincolo con la natura e con il mondo che lo circondavano. Mosso da queste emozioni con- traddittorie che provava dentro di sé decise di creare una nuova prospettiva che recuperasse il significato più profondo dell’esistenza.

“biodanza”, dove il prefisso bios derivante dal greco significa “vita” e danza “movimento emozionato” può essere tradotta come “la danza della vita”. “Dan- zare la vita” significa “riscattare il valore intrinseco dell’esistenza, espresso nel- l’unicità di ogni momento vissuto” (Toro, 1997, p. 10), risvegliare quella vitalità che è intrinsecamente presente in ogni gesto naturale dell’uomo, fare esperienza in modo diretto di tutto ciò che è esistente, sensibilizzare alla vita che è presente in sé, nell’altro ed in ogni elemento della natura. Ciò può essere sperimentato con un sistema pedagogico, la biodanza, che pone al centro il corpo ed il movi- mento e la relazione con l’altro come espressione di vita.

A tal proposito R. Toro scrive:

Ho ideato una metodologia finalizzata allo sviluppo di un processo evolutivo di trasformazione affettiva: la biodanza, con la quale propongo una forma di rinascita, un’educazione che abbia, come riferimento di base la vita, e che ci dia accesso alla felicità; una sociologia dell’amore.

[...continua...]

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